In caso di arresto cardiaco il fattore tempo gioca un ruolo cruciale: prima si attiva la “catena della sopravvivenza” – la serie di azioni che, secondo le linee guida internazionali, possono permettere di salvare la vita del paziente – maggiori sono le probabilità di sopravvivenza. Purtroppo, però, quasi la metà degli arresti cardiaci al di fuori degli ospedali avviene quando chi li subisce è da solo. In questi casi la catena di sopravvivenza non può essere attivata tempestivamente e la possibilità di morire aumenta drammaticamente.

 

Ma c’è una buona notizia: secondo Federico Semeraro, presidente di European Resuscitation Council (ERC), e Tommaso Scquizzato, del Centro di ricerca di anestesia e rianimazione dell’Ospedale San Raffaele di Milano, tra non molto la tecnologia potrebbe giocare un ruolo determinante in caso di infarto, grazie a strumenti già esistenti e sempre più utilizzati nella nostra quotidianità. Parliamo di “device mobili, dispositivi indossabili e intelligenza artificiale”, scrivono in un articolo sulla rivista scientifica Resuscitation, “tecnologie innovative che possono misurare dati biometrici, tra cui il battito cardiaco, elettrocardiogramma, frequenza respiratoria, mobilità e l’attività, e che potenzialmente possono essere implementate nella catena di sopravvivenza nell’immediato futuro”. I due esperti individuano quattro principali utilizzi della tecnologia nell’ambito della prevenzione e della gestione di un arresto cardiaco. Vediamoli uno per uno.

 

Il primo scenario che Semeraro e Scquizzato individuano è quello secondo il quale i dispositivi indossabili, primi fra tutti gli smartwatch, potrebbero individuare dati biometrici sospetti – come assenza o alterazioni di battito cardiaco, cadute o stati di immobilità prolungata – e allertare automaticamente le centrali operative di emergenza-urgenza, a meno che chi lo indossa non li stoppi nel giro di pochi secondi. Ci sono poi le videocamere di sorveglianza, sempre più usate in tutto il mondo. Senza entrare in delicate questioni che riguardano la privacy (e che sicuramente andrebbero risolte), questi dispositivi potrebbero essere utilizzati per rilevare un malore autonomamente, magari in posti isolati e poco frequentati, come parcheggi o parchi di notte: “le tecniche avanzate di analisi video in tempo reale – scrivono – consentono di rilevare una caduta improvvisa e l’assenza di movimento” e allertare i soccorsi. La terza possibilità è data da smartphone e smart speaker, sempre più presenti nelle nostre case (dove avviene la maggior parte degli arresti cardiaci senza testimoni). Questi potrebbero riconoscere il cosiddetto “respiro agonico”, tipico degli arresti cardiaci, e anche in questo caso attivare un primo soccorso da parte di medici o paramedici nelle vicinanze. Infine, i dispositivi indossabili potranno giocare un ruolo determinante anche nella prevenzione: magliette, anelli, bracciali e orologi con sensori (già disponibili) possono individuare alcuni sintomi tipici e “avvisare i pazienti ore o minuti prima di un imminente evento cardiaco potenzialmente letale”.

 

 

Bibliografia

  • Manovre salva-vita con le app, Corriere Salute7 gennaio 2022
  • Semeraro F.  Scquizzato T., No more uunwitnessed out-of-hospittal cardiac arrests in the future thanks to technology, Resuscitation 170 (2022) 79-81 (link)
  • Fukuda T., Matsubara T., Doi K., Fukuda-Ohashi N., Yahagi N., Predictors of favourable and poor prognosis in unwitnessed out-of hospital cardiac arrest with a non-shockable initial rhythm, Int J Cardiol 2014;176:910–5