Ogni Italiano, nel 2018, ha speso quasi 50 euro a testa in ticket. Secondo il report dell’Osservatorio GIMBE, però, esistono sostanziali differenze tra regione e regione, con tre trend principali:
- I ticket destinati alle prestazioni specialistiche sembrano ridursi.
- Le quote-ticket relative alle ricette farmaci rimangono stabili.
- Sono in aumento i ticket “facoltativi” per i farmaci di marca.
Il report dell’Osservatorio GIMBE analizza poi in maniera approfondita la composizione e le differenze a livello regionale della compartecipazione alla spesa sanitaria, che nel 2018 ha raggiunto un valore prossimo ai 3 miliardi di euro. Inizialmente introdotta per moderare i consumi sanitari, questa forma di partecipazione finanziaria dei cittadini si è progressivamente trasformata in una fonte significativa di entrate per le Regioni, in un contesto caratterizzato da un imponente ridimensionamento dei finanziamenti pubblici destinati al settore sanitario.
Dalle analisi emergono notevoli differenze regionali relative sia all’importo totale della compartecipazione alla spesa, sia alla ripartizione tra farmaci e prestazioni specialistiche: in particolare, il range della quota pro-capite totale per i ticket oscilla da € 88 in Valle d’Aosta a € 33,7 in Sardegna, l’importo per i farmaci varia da € 36,2 in Campania a € 16 in Piemonte e per le prestazioni specialistiche si passa da € 64,2 in Valle d’Aosta a € 8,5 in Sicilia.
Perché l’Italia si colloca al penultimo posto su 27 paesi sia per valore, sia per volume del consumo dei farmaci generici?
Un dato di valore per capire perché l’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e per lo Sviluppo Economico, collochi l’Italia così in basso emerge analizzando la composizione dei ticket sui farmaci: questa include la quota fissa per ricetta e la quota differenziale sul prezzo di riferimento pagata dai cittadini che acquistano il farmaco di marca al posto dell’equivalente. Nel 2018, infatti, solo il 30% dei € 1.609 spesi dai cittadini per il ticket sui farmaci è relativo alla quota fissa per ricetta, mentre il restante 70% va imputato alla scelta del farmaco branded e alla scarsa diffusione degli equivalenti nel nostro paese. Inoltre, il Rapporto OSMED 2018 documenta che nel periodo 2013-2018 la quota fissa sulle ricette si è ridotta del 14% (- € 76 milioni) mentre è aumentata del 28% la quota del prezzo di riferimento legata alla preferenza per i farmaci di marca (+ € 248 milioni).
Il sud non utilizza farmaci generici: i dati
Nelle Regioni del Centro-Sud si rileva una spesa per i farmaci di marca più elevata della media nazionale, che si assesta a € 18,6 pro-capite. A guidare questa classifica è il Lazio (€ 24,7), seguito da Sicilia (€ 24,2), Calabria (€ 23,6), Campania (€ 23), Basilicata (€ 22,1), Puglia (€ 21,9), Abruzzo (€ 21,5), Molise (€ 21,3), Umbria (€ 20,7) e Marche (€ 20,2).
Cosa fare per ridurre le differenze di consumo tra Italia e Europa?
Ci sono diversi step per ridurre le differenze di consumo dei farmaci generici tra l’Italia e il resto d’Europa: in primis, è indispensabile uniformare a livello nazionale i criteri per la compartecipazione e le regole per le esenzioni. In secondo luogo, al fine di arginare “fughe” verso il privato per le prestazioni specialistiche, bisogna andare oltre il superticket, per il quale sono già stati ripartiti € 60 milioni. Infine, sono necessarie azioni concrete per incrementare l’utilizzo dei farmaci equivalenti, visto che la preferenza per i farmaci di marca oggi “pesa” per il 38% del totale sborsato dai cittadini per i ticket e per il 70% della compartecipazione farmaceutica.
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