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Tumore alla Prostata

Il tumore alla prostata è uno dei tumori più frequenti nel maschio e rappresenta una neoplasia tipica dell’età avanzata, essendo rara la sua comparsa prima dei 50 anni di età; essa compare più frequentemente in età più tarda, oltre i 65 anni.

La prostata è una ghiandola dell’apparato genitale maschile, dalla forma di una castagna situata nella pelvi; avvolge a manicotto l’uretra posteriore, situandosi al di sotto del fondo della vescica anteriormente al retto, attraverso il quale può essere apprezzata con la palpazione. Nell’adulto presenta un peso di circa 20-25 g. Microscopicamente è costituita da alveoli ghiandolari immersi in un tessuto fibromuscolare. La prostata produce una secrezione liquida, torbida, debolmente acida (pH 6.45) che unendosi al liquido delle vescichette seminali e agli spermatozoi costituisce il liquido seminale. Tra i componenti del liquido vi è anche una proteina, nota come antigene prostatico specifico (PSA) misurabile nel sangue. Questa ghiandola è molto sensibile all’azione degli ormoni, specialmente quelli maschili come il testosterone, che incidono sulla sua crescita. In base alle caratteristiche embriologiche e fisiopatologiche la prostata può essere suddivisa in una porzione più “craniale” , che è quella che circonda la sede dell’adenoma benigno e una parte più “caudale” periferica ed esterna, sede più frequentemente dell’adenocarcinoma prostatico.

Il tumore della prostata è attualmente una delle neoplasie più frequenti nei maschi: si stima rappresenti il 20% dei tumori diagnosticati negli ultracinquantenni. L’incidenza, cioè il numero di nuovi casi registrati in un dato periodo di tempo, mostra una continua crescita, in particolare dopo gli anni 2000, contestualmente all’introduzione del dosaggio del PSA (Prostate Specific Antigene) che permette una diagnosi precoce, e all’aumento dell’età media della popolazione. Anche nei prossimi decenni si stima si possa evidenziare un costante, moderato aumento: in Italia, l’incidenza nel 2020 sarà di circa 44.000 casi, nel 2030 di circa 52.000.

Pur risultando una neoplasia molto frequente, il tumore alla prostata occupa il terzo posto nella scala della mortalità, sviluppandosi principalmente nei maschi al di sopra dei 70 anni ed evidenziando attualmente una sopravvivenza dell’88% a 5 anni dalla diagnosi. In Italia la mortalità si stima in una decina di decessi ogni 100.000 abitanti, la prevalenza emersa è di 217.000 persone, circa il 22% dei maschi con un tumore, quasi il 10% di tutti i pazienti (tra maschi e femmine) presenti nel Paese.

Le cause che determinano, o contribuiscono a determinare l’insorgenza di questo tipo di tumore non sono del tutto note; l’eziologia è probabilmente multifattoriale, con l’interazione tra fattori genetici (famigliarità e razza) e fattori ambientali (cancerogeni, fattori dietetici). Sono stati comunque evidenziati alcuni fattori di rischio, associati alla comparsa del tumore prostatico;

Età: costituisce il principale fattore di rischio: la maggior parte dei tumori si rende clinicamente evidente dopo i 65 anni. L’AMD compare raramente prima dei 50 anni; il rischio aumenta con l’aumentare dell’età.

Razza: la razza nera è più colpita; le razze asiatiche sono meno soggette a questo tipo di neoplasia. Il rischio maggiore dell’affezione nelle razze nere sembra ascriversi ai livelli più elevati di androgeni, diidrotestoterone (DHT) e 5alfa- reduttasi (un enzima deputato alla conversione del testosterone in diidrotestosterone).

Fattori ormonali: elevati livelli di testosterone e IGF-1 (somatomedina- insuline-like growth factor); infatti è dimostrato che gli androgeni possono accelerare la crescita del tumore prostatico, mentre la loro eliminazione porta ad un suo rallentamento; inoltre l’assenza di tumore prostatico negli eunuchi conferma il coinvolgimento del sistema ormonale in questa neoplasia.

Famigliarità e fattori genetici: i fattori genetici hanno un ruolo molto rilevante nell’insorgenza del tumore della prostata, in particolare nelle forme più precoci, cioè quelle che si sviluppano in pazienti con età inferiore ai 55 anni (9% di incidenza per le forme ereditarie). È stato inoltre osservato che il 25% di uomini che presentano tale neoplasia ha parenti di primo grado affetti da tumore prostatico. La presenza di mutazioni in alcuni geni come BRCA1, BRCA2 e HPC1 può aumentare il rischio di sviluppare la neoplasia.

Dieta: sembra vi sia un rischio maggiore di sviluppare la malattia assumendo un regime dietetico con un eccessivo apporto calorico di proteine e grassi. È stato evidenziato che assumere nella dieta alimenti ricchi di antiossidanti, di Vit A e Vit D ed oligoelementi possa, invece, contribuire a ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata.

Esposizione a cancerogeni: l’esposizione a sostanze chimiche, soprattutto alcuni metalli pesanti o derivati della lavorazione della gomma, sembra correlata all’insorgenza del tumore prostatico.

Infezioni virali: dagli studi effettuati sembra sospettarsi un’associazione con alcune infezioni virali, sostenute da papovavirus, virus erpetico e citomegalovirus e il rischio di sviluppare la neolpasia.

Una classificazione del tumore della prostata può essere fatta in base alla caratteristica istologica. Qualsiasi cellula presente nella prostata può trasformarsi e diventare cancerosa dando così origine a diversi istotipi della neoplasia. La maggior parte (95%) dei tumori prostatici prendono origine dalle cellule della parte ghiandolare e sono pertanto chiamati adenocarcinomi, altri istotipi sono di presentazione pressoché rara.

La classificazione di riferimento per individuare gli istotipi di neoplasia della prostata è quella indicata da WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità):

– Adenocarcinoma (convenzionale)

– Adenocarcinoma tipo acinare

– Carcinoma duttale (cribriforme, duttale, solido)

– Carcinoma mucinoso

– Carcinoma a cellule con castone

– Carcinoma neuroendocrino (carcinoide, a piccole cellule, paraganglioma, neuroblastoma)

– Carcinoma a cellule transizionali

– Carcinoma squamoso ed adenosquamoso

– Carcinoma sarcomatoide (carcinosarcoma)

– Tumori dello stroma prostatico e tumori mesenchimali

La sintomatologia iniziale del tumore della prostata è scarsa, molto spesso sfumata e non specifica, in quanto nella maggior parte dei casi si manifesta con disturbi da ostacolo sul collo vescicale, del tutto simili all’iperplasia prostatica benigna:

– esagerata frequenza delle minzioni, anche notturne (pollachiuria e nicturia, 70%);

– difficoltà o dolore nella minzione (disuria o stranguria, 45%);

– indebolimento del getto di urine;

– presenza di sangue nelle urine, detta ematuria (5%);

– dolori pelvici e rachialgie presenti nelle fasi avanzate della malattia, espressione di infiltrazione tumorale nelle ossa del bacino e del rachide;

– dolori perineali irradiati al pene, che si accentuano con la minzione, dovuti ad invasione neoplastica dei nervi;

– stipsi e tenesmo per invasione del retto.

Il tumore alla prostata si sviluppa da un piccolo nodulo nella parte periferica della ghiandola prostatica; nella gran parte dei casi può rimanere latente per tanti anni o, invece, dimostrarsi rapidamente evolutivo. Il tumore prostatico inoltre ha tendenza alla multifocalità. La sua storia naturale prevede l’estensione del processo neoplastico nel contesto della ghiandola e successivamente l’infiltrazione dell’uretra, delle vescichette seminali e del collo vescicale e, solo tardivamente, il retto.

La propagazione per via linfatica coinvolge i linfonodi ipogastrici, iliaci esterni, inguinali, fino ai linfonodi paraortici. Le metastasi per via ematica coinvolgono preferenzialmente le ossa del cingolo pelvico e le vertebre lombari per poi raggiungere, sempre per via ematica, il polmone, il fegato e i surreni.

Da un punto di vista clinico il tumore della prostata può presentarsi come: – carcinoma latente: riscontrato casualmente alla autopsia (l’80% dei pazienti con più di 80 anni deceduti per altra causa ha presentato all’autopsia un carcinoma prostatico che durante la vita non aveva manifestato sintomi); – carcinoma incidentale: scoperto accidentalmente dopo intervento chirurgico per ipertrofia prostatica benigna, – carcinoma occulto: presenza di metastasi del tumore prostatico in assenza di obiettività prostatica; – carcinoma clinicamente manifesto: palpabile all’esplorazione rettale.

Per formulare la diagnosi il medico specialista urologo, dopo una raccolta anamnestica accurata, valuterà gli esami di laboratorio, l’esame obiettivo (esplorazione rettale digitale) ed eventualmente prescriverà ulteriori esami di accertamento diagnostico, come l’ecografia prostatica con biopsia. Dopo aver diagnosticato un cancro della prostata, l’iter diagnostico prevede degli esami di radiodiagnostica, per valutare l’estensione della neoplasia.

Esami ematochimici:

PSA (Prostate Specific-Antigen), è una glicoproteina secreta dalla prostata, dosabile tramite un esame ematico. Un aumento del PSA indicherà un problema prostatico, ma non necessariamente ed esclusivamente un problema di cancro; infatti il PSA risulta elevato anche in caso di ipertrofia prostatica benigna, prostatiti, massaggio/manipolazione della prostata, piccoli traumatismi, l’invecchiamento: il valore del PSA tende ad aumentare con l’età. Inoltre circa il 20-30% dei tumori della prostata non sono associati ad elevati livelli di PSA. Un valore fino a 4 ng/ml si considera normale; risulta un esame particolarmente utile per controllare l’evoluzione della malattia e nella valutazione dell’efficacia del trattamento.

Esplorazione rettale digitale risulta un metodo molto efficace per valutare il volume prostatico e quindi un possibile ingrandimento, una irregolarità della superficie della ghiandola ed anche un suo aumento di consistenza. Può essere un esame fastidioso ma non doloroso.

Ecografia prostatica(TRUS) viene eseguita per via transrettale, con una sonda inserita nell’ano. E’ un esame che, utilizzando gli ultrasuoni, permette allo specialista di valutare la morfologia e la struttura della ghiandola e gli organi vicini (vescica, retto, vescicole seminali ecc.). Nel corso di tale indagine, ove indicato, si può effettuare una biopsia.

Agobiopsia prostatica. Effettuata in anestesia locale. L’esame può essere effettuato per via transrettale o per via transperineale: nel primo caso l’ago viene introdotto attraverso il retto fino a raggiungere la ghiandola prostatica; nel secondo caso l’ago è introdotto in una zona situata tra i testicoli e l’ano. Il prelievo effettuato viene inviato in laboratorio per l’esame istologico, che permetterà di formulare non solo la diagnosi di neoplasia ma anche il grado di differenziazione cellulare (grading).

Accertata la presenza della neoplasia occorre indagare la sua estensione (staging) ai fini prognostici e per identificare l’iter terapeutico più adatto. Tra gli accertamenti indicati troviamo:

Tomografia computerizzata (TC), consente di valutare forma e dimensioni della prostata. Può essere effettuata, per una valutazione migliore, utilizzando del mezzo di contrasto iodato.

Risonanza magnetica (RMN) viene utilizzata soprattutto per la stadiazione del tumore. Può essere utilizzata una sonda introdotta nell’ano.

Scintigrafia ossea (total body, con tecnezio), consente di mettere in evidenza cellule tumorali nelle ossa, poiché il tessuto osseo infiltrato da cellule neoplastiche assorbe più radiofarmaco, e quindi appare più marcato; questa metodica però è dotata di scarsa specificità per cui la sua “positività” non significa necessariamente invasione metastatica. Infatti sono possibili falsi positivi (morbo di Paget, fratture pregresse ecc.): in tal caso potranno essere prescritti ulteriori accertamenti di conferma.

Tomografia ad emissione di positroni (PET-TC). Questa sofisticata tecnica non invasiva permette di ottenere informazioni metaboliche di tutto il corpo; prevede la somministrazione endovena di un radiofarmaco (C-Colina), che è assorbito maggiormente dalle cellule neoplastiche rispetto a quelle sane. Dopo qualche ora dalla somministrazione endovenosa viene effettuato l’esame: il paziente viene steso nel macchinario per la PET-TC; questa macchina è in grado di trasformare le radiazioni gamma emesse dal radiofarmaco in immagini, identificando e localizzando anche neoplasie di piccole dimensioni.

Prostate Cancer gene 3 (PCA3) è un esame basato sui geni, viene effettuato sulle urine prelevate dopo massaggio prostatico ed è prodotto esclusivamente dalle cellule neoplastiche; non è influenzato dalle dimensioni della ghiandola e risulta utile per decidere sull’opportunità di procedere all’esecuzione di una biopsia prostatica.

-2proPSA e PHI (Prostate Health Index): sono test effettuati con prelievo ematico. Il 2proPSA è un precursore del PSA libero associato al tessuto canceroso prostatico; la sua concentrazione aumenta nei pazienti con cancro della prostata. Dalla combinazione matematica dei risultati del PSA, del PSA libero e del 2proPSA, si ottiene un indice, il PHI, che rappresenta un indicatore del rischio di cancro prostatico. Questi esami ematochimici possono rivelarsi utili nello stabilire l’indicazione alla biopsia prostatica

Convenzionalmente viene effettuata la stadiazione per valutare il grado di estensione locale e a distanza del tumore; viene universalmente accettato il sistema “TNM” che indica lo stadio della malattia dove “T” indica il volume e l’estensione locale del tumore, “N” indica l’estensione della neoplasia ai linfonodi loco-regionali e “M” la presenza o l’assenza di metastasi a distanza. Il grading consiste in un punteggio, che l’anatomo-patologo fornisce in considerazione dell’aspetto delle cellule tumorali al microscopio e la loro architettura rispetto al tessuto sano. Il metodo più usato per il carcinoma prostatico è la scala di Gleason. Nel sistema di Gleason gli adenocarcinomi prostatici sono suddivisi in 5 gradi (1-5) sulla base della disposizione delle cellule tumorali e sul loro grado di differenziazione. Il punteggio complessivo (Gleason score) viene ottenuto dalla somma del grado primario (il grado più rappresentato) con il grado secondario (il secondo grado più rappresentato). Il Gleason score risulta compreso tra 2 e 10: solitamente i carcinomi con grading basso (2-4) hanno una prognosi migliore poiché crescono lentamente e hanno una minore tendenza a infiltrare; quelli con un punteggio di 5-7 hanno un grading moderato; quelli con grading alto (8-10), hanno una prognosi peggiore poiché tendono ad essere aggressivi.

Classificazione TNM del cancro prostatico

T1 (localizzato) Tumore circoscritto alla prostata, clinicamente non apprezzabile, non palpabile né visibile con l’ecografia; riscontrato casualmente dopo intervento di resezione transuretrale per iperplasia prostatica o diagnosticato mediante agobiopsia (effettuata, ad esempio, per riscontro di PSA elevato)

T2 (localizzato) Tumore circoscritto alla prostata, ma abbastanza voluminoso da essere palpabile all’esplorazione rettale o rilevabile all’ecografia.

T3(localmente avanzato) Tumore diffuso oltre la prostata, T3a: tumore che ha invaso la capsula, T3b: tumore infiltrante le vescicole seminali

T4 (avanzato) Tumore diffuso oltre la prostata, che invade strutture adiacenti: collo della vescica, sfintere esterno, retto, muscoli elevatori e/o parete pelvica

N0 Non metastasi nei linfonodi regionali

N1 Metastasi in linfonodo(i) regionale(i)

M0 Non metastasi a distanza

M1 Metastasi a distanza. M1a: metastasi in linfonodo/i extraregionale/i.

M1b: metastasi ossee; M1c: metastasi in altre sedi con o senza metastasi ossee.

Il medico dopo aver valutato i fattori prognostici della neoplasia (stadio, grado di Gleason, livelli di PSA), la presenza di eventuali comorbilità, l’età del paziente e l’aspettativa di vita, potrà proporre alcuni trattamenti per il carcinoma prostatico. Nei pazienti con tumore della prostata potranno essere proposte le opzioni terapeutiche: sorveglianza attiva, chirurgia, radioterapia, ormonoterapia, chemioterapia.

Sorveglianza attiva (watchful waiting). Si tratta di un approccio recente, proposto a pazienti con malattia scarsamente aggressiva e/o una limitata aspettativa di vita. Questa opzione prevede il monitoraggio ad intervalli periodici e ravvicinati con valutazione del PSA ogni 3-6 mesi, l’esplorazione digitale ogni 6-12 mesi e l’eventuale ricorso a biopsie. Si interviene nel caso avvenga una progressione della malattia.

Trattamento chirurgico: prostatectomia radicale. Prevede l’asportazione della prostata, delle vescicole seminali e dei linfonodi presenti nel bacino, allo scopo di eliminare del tutto il tumore. Sono possibili diverse tecniche, che comprendono la chirurgia convenzionale “a cielo aperto” e la chirurgia laparoscopica mini-invasiva. Questo intervento può comportare alcuni importanti effetti collaterali, come i problemi di incontinenza e la perdita dell’erezione. La prostatectomia radicale “nerve sparing” ha come obiettivo di preservare i nervi che decorrono in prossimità della prostata, cercando di mantenere una normale innervazione per una adeguata erezione.

Il trattamento radioterapico utilizza radiazioni ionizzanti ad alta energia per distruggere le cellule neoplastiche. Esistono due differenti modalità di trattamento per il tumore alla prostata: radioterapia a fasci esterni e brachiterapia.

Nella radioterapia a fasci esterni il paziente riceve raggi X prodotti da una sorgente esterna, detta acceleratore lineare: si effettuano 5-6 sedute settimanali per 8-9 settimane.

La brachiterapia prevede il posizionamento di piccole sorgenti radioattive “pellets” a volte indicati come semi, nel tessuto prostatico. Possono essere utilizzati impianti permanenti o temporanei. Nella brachiterapia con impianto permanente le sorgenti radioattive vengono poste all’interno della prostata dove, per alcuni mesi, rilasciano gradualmente la loro radioattività e, una volta inattive, restano all’interno della prostata. Nella brachiterapia con impianto temporaneo le sorgenti radioattive vengono posizionate nella prostata attraverso dei vettori; questa procedura si esegue una o più volte, a seconda del piano terapeutico.

Ormonoterapia. La soppressione della produzione degli androgeni può essere effettuata mediante intervento chirurgico di orchiectomia bilaterale (castrazione chirurgica) o la somministrazione di farmaci anti-androgeni e analoghi del GnRH. Farmaci antiandrogeni: sono in grado di legarsi alle proteine presenti sulla superficie delle cellule tumorali, impedendo il loro legame con il testosterone. Analoghi del GnRH: bloccano la produzione degli ormoni maschili da parte dei testicoli.

Chemioterapia: prevede l’utilizzo di sostanze che interferiscono con i meccanismi legati alla replicazione cellulare: sono farmaci antineoplastici, in grado di distruggere o tenere sotto controllo le cellule neoplastiche; la chemioterapia è utilizzata per ridurre le dimensioni del tumore, alleviare i sintomi causati dalle metastasi ossee e cercare di tenere sotto controllo la malattia. Viene impiegata soprattutto quando il tumore è in fase metastatica, cioè quando si è diffuso fuori dalla prostata.

HIFU (High Intensity Focused Ultrasound): tecnica miniinvasiva che utilizza gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità, emessi da una sonda all’interno del retto, per distruggere la neoplasia.

Crioablazione: tecnica miniinvasiva che utilizza una sonda nel retto, la quale lede i tessuti tumorali con temperature molto basse.

Non esiste una prevenzione specifica per il tumore della prostata: in particolare alcuni studi suggeriscono che Vit E, Vit D e selenio riducano il rischio di carcinoma prostatico, mentre una dieta ricca di grassi animali sembra esplicare un effetto favorente la crescita tumorale, attraverso una prolungata stimolazione androgenica. Per prevenire il carcinoma prostatico sarà quindi utile seguire una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali, alimenti ricchi di antiossidanti, limitando l’introduzione di carni grasse o cibi ricchi di grassi insaturi. Effettuare visite periodiche urologiche annuali dopo i 50 anni o dopo i 40 anni in caso di familiarità per la malattia, o se sono presenti disturbi urinari.

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