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Tumore alla Mammella

Il tumore alla mammella è il tumore più frequente nella femmina e rappresenta il 29% di tutti i tumori che colpiscono le donne. E’ la prima causa di mortalità per tumore nel sesso femminile, con un tasso di mortalità del 16% di tutti i decessi per causa oncologica.

La mammella è formata in parte da tessuto ghiandolare, da tessuto connettivo e, per la maggior parte, da tessuto adiposo; la proporzione dei tessuti varia con l’età, aumentando la componente adiposa in età più avanzata. La ghiandola è posta sulla fascia del muscolo pettorale ed è costituita da un insieme di 12-20 lobi a forma di cuneo. Il tessuto adiposo è suddiviso in concamerazioni dai retinacoli, che si estendono dalla cute alla fascia pettorale. Ciascun lobo ghiandolare contiene un dotto galattoforo, che ha l’aspetto di un tubulo ramificato, rivestito da epitelio; i rami sono separati da tessuto connettivo e alla loro estremità presentano dei rigonfiamenti. Al di sotto del capezzolo i dotti galattofori si dilatano, formando i cosiddetti seni galattofori, che alla base del capezzolo si connettono con i dotti escretori. Il tumore al seno è causato dalla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule che costituiscono la ghiandola mammaria; più frequentemente originano dalle cellule ghiandolari dei lobuli, o da quelle che formano la parete dei dotti.

L’incidenza del tumore al seno, cioè la percentuale di donne colpite ogni anno, risulta essere il 29% dei tumori maligni. Sulla base dei dati forniti dell’Associazione italiana di oncologia medica e dell’Associazione italiana registri tumori, si stima che nel 2014, in Italia, il tumore della mammella sia stato diagnosticato in circa 48.200 donne e in circa 1.000 uomini. Il rischio di carcinoma della mammella aumenta con l’aumentare dell’età, con una probabilità di sviluppo di cancro al seno del 2,3% fino a 49 anni (1 donna su 43), del 5,4% tra 50 e 69 anni (1 donna su 18) e del 4,5% tra 70 e 84 (1 donna su 22). Ad oggi si stima che le donne che hanno avuto una diagnosi di cancro al seno in Italia siano oltre 522 mila. Dalla fine degli anni Ottanta si è potuta osservare una lieve diminuzione della mortalità per carcinoma mammario (-1,0% /anno), attribuibile alla diagnosi precoce e ai progressi terapeutici; tuttavia il cancro alla mammella rappresenta la prima causa di morte per tumore in tutte le età (29% dei decessi tra le giovani, il 23% tra le adulte e il 16% tra le donne in età superiore a 70 anni), con una sopravvivenza media molto alta: a cinque anni dalla diagnosi è dell’85%.

Sono stati evidenziati alcuni fattori di rischio, associati alla comparsa del tumore alla mammella:

Età: più del 75% dei casi di tumore del seno colpisce donne sopra i 50 anni.

Famigliarità e fattori genetici: i fattori genetici sembrano avere un ruolo nell’insorgenza del tumore alla mammella, in particolare nei casi giovanili; infatti circa il 5-7% delle donne con tumore al seno ha più di un familiare stretto malato. E’ stato inoltre osservato che la presenza di mutazioni in alcuni geni, come il BRCA1 e il BRCA2, sono responsabili del 50% circa delle forme ereditarie di cancro del seno e dell’ovaio.

Altre mutazioni genetiche sono:

  • Mutazioni del gene ATM (Ataxia Telangiectasia Mutated )3 o del gene CHEK24
  • Sindrome di Li-Fraumeni (mutazione di p53)
  • Sindrome di Cowden (mutazione del gene PTEN)

Fattori ormonali: si è riscontrato un aumento di rischio per lo sviluppo di cancro al seno nelle condizioni di:

  • Menarca precoce
  • Nulliparità
  • Mancato allattamento al seno
  • Prima gravidanza a termine in età più avanzata (> 30 anni)
  • Menopausa tardiva
  • TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva); per quanto riguarda le donne giovani che ricevono una TOS per compensare una menopausa precoce o un intervento di ovariectomia, il rischio non aumenta fino all’età di 50 anni;

Dieta: sembra vi sia un rischio maggiore di sviluppare la malattia correlato a un regime dietetico con un eccessivo apporto calorico, elevato consumo di carboidrati e grassi saturi ed un prolungato consumo di alcool.

Stile di vita: la scarsa attività fisica associata all’obesità sembra rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo del cancro al seno.

Precedenti patologie: dagli studi effettuati sembra affermarsi un rischio aumentato per pazienti che sono state sottoposte a precedente radioterapia toracica (soprattutto se eseguita prima dei 30 anni) o che siano state affette da precedenti patologie mammarie come l’iperplasia atipica e il carcinoma lobulare in situ.

In generale le forme iniziali di tumore del seno non provocano una sintomatologia specifica; spesso infatti il dolore al seno è causato dalle naturali variazioni ormonali associate al ciclo mestruale. E’ molto importante la presenza di eventuali noduli palpabili o visibili; la metà dei casi di tumore al seno si presenta nel quadrante superiore esterno della mammella. La presenza di questi segni deve essere prontamente segnalata al medico:

  • alterazioni del capezzolo o dell’area retrostante: ispessimento, protuberanza, retrazione, alterazione della cute (eczema);
  • presenza di secrezione da un capezzolo (se la secrezione è bilaterale spesso la causa sottostante è ormonale);
  • cambiamenti della cute: rilievi ed infossamenti della superficie (aspetto a buccia d’arancia localizzato);
  • cambiamenti della forma e delle dimensioni del seno;
  • gonfiore in corrispondenza dell’ascella.

E’ da ricordare, tuttavia, che la maggior parte dei tumori del seno non dà segno di sé e si riscontra con la mammografia, associata, nella donna giovane tra i 30 e i 45 anni, all’ecografia.

Il medico, dopo la visita e la raccolta dell’anamnesi famigliare, può prescrivere, se lo ritiene opportuno, degli esami di approfondimento ed eventualmente una consulenza specialistica senologica, per una ulteriore valutazione e l’eventuale esecuzione di altri esami, elencati nel seguito.

Esami strumentali:

Mammografia: è una tecnica radiologica molto efficace per la diagnosi, in particolare nelle donne di oltre 50 anni, consiste in una radiografia del seno posto tra due lastre che lo comprimono. Offre una elevata sensibilità, in particolare per i tumori in fase iniziale. Viene effettuata come test di screening, o in caso si palpi la presenza di un nodulo.

Ecografia: è una tecnica che utilizza gli ultrasuoni; risulta particolarmente utile in caso di seno denso. Le immagini fornite consentono di differenziare i noduli solidi dalle cisti. E’ possibile, utilizzando il doppler, visualizzare i vasi sanguigni e il flusso del sangue al loro interno; questo risulta utile in quanto la presenza di un tumore induce delle modificazione del flusso ematico. Inoltre, sotto guida ecografica, può essere effettuata una biopsia (agoaspirato).

Risonanza magnetica nucleare (RMN): tecnica radiologica, che utilizza i campi magnetici per fornire immagini delle strutture dei tessuti molli dell’organismo, con particolare dettaglio.

Agoaspirato (Fine Needle Aspiration Citology: FNAC): con la sonda ecografica si individua la lesione nella ghiandola mammaria, si sceglie il punto di ingresso dell’ago e si introduce l’ago nella cute; quindi si procede al prelievo che verrà inviato al laboratorio per l’esame citologico.

Biopsia con ago ( Needle Core Biopsy: NCB): si utilizza un ago di calibro maggiore rispetto all’agoaspirato; viene effettuata un’anestesia locale e successivamente viene introdotto l’ago, seguendone la progressione con la sonda ecografica fino a raggiungere la zona interessata. L’ago preleva un frustolo, che verrà poi inviato al laboratorio di anatomia patologica per la refertazione.

Biopsia escissionale: in questo caso l’asportazione è chirurgica e riguarda l’intero nodulo, che viene poi analizzato in laboratorio; l’esame viene effettuato in anestesia.

Accertata la presenza della neoplasia, occorre indagare la sua estensione (staging) ai fini prognostici e per identificare l’iter terapeutico più adatto. Tra gli accertamenti indicati troviamo:

  • RX torace;
  • ecografia addominale;
  • scintigrafia ossea;
  • esami di laboratorio:
    • determinazione dei marcatori tumorali (CEA e CA 15-3);
    • esami ematochimici di controllo ed in particolare fosfatasi alcalina, transaminasi e gammaGT .

Una classificazione del tumore della mammella può essere fatta in base alla caratteristica istologica. Qualsiasi cellula presente nella mammella può trasformarsi e diventare cancerosa, dando così origine a diversi istotipi della neoplasia. La maggior parte dei tumori della mammella prendono origine dalle cellule dei dotti lattiferi (carcinoma duttale) o dalle cellule dei lobuli (carcinoma lobulare); sia il carcinoma duttale che quello lobulare si possono presentare nella forma non invasiva denominata in situ, (DCIS e LCIS, rispettivamente), o invasiva cioè infiltrante.

Il carcinoma duttale infiltrante rappresenta il 70-80% di tutte le forme di cancro al seno. Il carcinoma lobulare infiltrante rappresenta il 10-15%. Altri istotipi sono più rari e meno rappresentativi.

Un altro tipo di classificazione può essere effettuata valutando l’evoluzione del tumore, che può essere riassunta in questi 5 stadi:

  • Stadio 0: appartengono a questo stadio i carcinomi lobulare e duttale in situ.
  • Stadio I: presenza di carcinomi con un diametro inferiore ai 2 centimetri, senza coinvolgimento linfonodale.
  • Stadio II ; Stadio IIA: carcinomi più grandi di 2 centimetri (fino a 5) senza coinvolgimento dei linfonodi ascellari, o carcinomi più piccoli con coinvolgimento dei linfonodi. Stadio IIB: carcinomi del diametro tra i 2 e i 5 centimetri diffuso ai linfonodi, oppure maggiore di 5 centimetri senza coinvolgimento linfonodale.
  • Stadio III ; Stadio IIIA: carcinoma di dimensioni variabili, diffuso ai linfonodi ascellari (spesso fusi tra loro) o diffuso ai tessuti vicini al seno. Stadio IIIB: il tumore coinvolge la cute, la parete toracica o le costole. Stadio IIIC: carcinoma diffuso ai linfonodi sotto la clavicola, e anche a quelli all’interno del seno e sotto il braccio.
  • Stadio IV: carcinoma metastatizzato in altri organi, diversi dal seno.

Il tumore al seno viene ancora classificato secondo la tipizzazione molecolare, cioè in base alla presenza di recettori ormonali sulla membrana cellulare; questi recettori rivestono un ruolo importante ai fini prognostici, in quanto la loro sovra-espressione (quantità) unita allo stadio, è indicativa della velocità di crescita del carcinoma, della probabilità di diffusione, nonché della risposta ad alcuni trattamenti. In base alla presenza dei recettori, i carcinomi invasivi vengono classificati in quattro sottogruppi:

  • HR positivi ( Hormone Receptors – positivi) se possiedono molti recettori per gli ormoni femminili, suddivisi ulteriormente in estrogeno-positivi (ER +) e progesterone-positivi;
  • HER2 positivi (Human Epidermal Growth Factor Receptor2) se presentano molti recettori di tipo 2 del fattore di crescita epidermico umano;
  • Triplo negativi se non presentano nessuno dei tre recettori.

L’analisi di questi recettori sarà di utilità al medico oncologo nella scelta della terapia farmacologica per la paziente.

Convenzionalmente, per valutare il grado di estensione locale e a distanza del tumore viene effettuata la stadiazione; risulta universalmente accettato il sistema ‘TNM’ che caratterizza lo stadio della malattia, dove ‘T’ indica il volume e l’estensione locale del tumore, ‘N’ indica l’estensione della neoplasia ai linfonodi loco-regionali e ‘M’ la presenza o l’assenza di metastasi a distanza.

Classificazione TNM del cancro della mammella

Tx – Il tumore primitivo non può essere definito

T0 – Non segni del tumore primitivo

Tis – Carcinoma in situ: carcinoma intraduttale in situ (DCIS), o carcinoma lobulare in situ(LCIS) o malattia di Paget del capezzolo senza che sia evidenziabile il tumore

T1 – Tumore di 2 cm o meno nella dimensione massima

T1a – Tumore di 0,5 cm o meno nella dimensione massima

T1b – Tumore superiore a 0,5 cm ma non più di 1 cm nella dimensione massima

T1c – Tumore superiore a 1 cm ma non più di 2 cm nella dimensione massima

T2 – Tumore superiore a 2 cm ma non più di 5 cm nella dimensione massima

T3 – Tumore superiore a 5 cm nella dimensione massima

T4 – Tumore di qualsiasi dimensione con estensione diretta alla parete toracica o alla cute

T4a – Estensione alla parete toracica

T4b – Edema (inclusa la pelle a buccia d’arancia), od ulcerazione della cute della mammella o noduli satelliti della cute situati nella medesima mammella

T4c – Presenza contemporanea delle caratteristiche di T4a e T4b

T4d – Carcinoma infiammatorio

Nx – I linfonodi regionali non possono essere definiti

N0 – Non metastasi nei linfonodi regionali

N1 – Metastasi in linfonodi ascellari omolaterali mobili

N2 – Metastasi in linfonodi ascellari omolaterali, che sono clinicamente fissi o fissi tra di loro; o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in assenza di metastasi clinicamente evidenti nei linfonodi ascellari

N3 – Metastasi in uno o più linfonodi sottoclaveari omolaterali, con o senza coinvolgimento di linfonodi ascellari; o nei linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in presenza di metastasi nei linfonodi ascellari clinicamente evidenti; o metastasi in uno o più linfonodi sovraclaveari omolaterali con o senza coinvolgimento dei linfonodi ascellari o mammari interni

Mx – La presenza di metastasi a distanza non può essere accertata

M0 – Non metastasi a distanza

M1 Metastasi a distanza

La terapia per il cancro al seno comprende diverse possibilità, spesso combinate tra loro, basate sulle caratteristiche della singola paziente, che coinvolgono medici specialisti in diverse branche della medicina e che possono prevedere: la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, la terapia ormonale, la terapia biologica.

Terapia chirurgica: sono impiegate due tecniche di chirurgia: quella conservativa, che prevede la rimozione della parte della mammella coinvolta dal tumore e la mastectomia, cioè l’asportazione di tutta la mammella, a cui può seguire la chirurgia ricostruttiva, per ricostruire la mammella con l’utilizzo di protesi o di tessuti, prelevati dall’addome o dal gluteo.

La chirurgia conservativa viene praticata dal chirurgo dopo aver valutato la localizzazione e il tipo di tumore, nonché le dimensioni del seno; il chirurgo può rimuovere soltanto il tumore e una piccola parte del tessuto circostante, o una porzione più ampia della mammella (quadrantectomia). Dopo un intervento di chirurgia conservativa solitamente si effettua la radioterapia, che ha lo scopo di proteggere la restante ghiandola mammaria dal rischio di recidiva e dalla comparsa di una nuova neoplasia mammaria. Durante l’intervento il chirurgo può anche procedere ad asportare i linfonodi dell’ascella (svuotamento ascellare) nel caso in cui il tumore li abbia coinvolti. Per conoscere se il tumore si è diffuso si usa la tecnica del linfonodo sentinella: poiché il sistema linfatico è costituito da una serie di linfonodi posti in sequenza, il linfonodo sentinella rappresenta il primo linfonodo che può essere raggiunto dalle cellule tumorali, in quanto drena l’area dove è situato il tumore. Se il linfonodo sentinella non risulta invaso da cellule tumorali, o se esse sono presenti in un numero ridottissimo (micro metastasi), non si procede allo svuotamento del cavo ascellare, cioè alla rimozione di tutti i linfonodi ascellari.

La mastectomia viene effettuata nelle forme più avanzate e consiste nella rimozione dell’intero tessuto della mammella, del capezzolo, del linfonodo sentinella, con o senza svuotamento del cavo ascellare, raramente di parte o di tutto il muscolo pettorale e spesso anche della pelle sovrastante. Oggi, in molti casi, il chirurgo può risparmiare il capezzolo e gran parte della cute con una tecnica della mastectomia che conserva il complesso areola e capezzolo (nipple sparing mastectomy): in questo caso la zona areolare viene trattata con una dose di radioterapia mirata, erogata in sala operatoria o nei giorni successivi.

Chemioterapia La chemioterapia prevede la somministrazione di farmaci citotossici, cioè in grado di uccidere le cellule tumorali in ogni parte dell’organismo. I farmaci possono essere utilizzati per via endovenosa o per bocca, con compresse; la loro somministrazione prevede cicli di trattamento a cadenza variabile. La chemioterapia può essere prescritta dopo la chirurgia, allo scopo di distruggere le cellule tumorali residue: in tal caso è definita chemioterapia adiuvante. Negli ultimi anni si è utilizzata anche la chemioterapia neoadiuvante, cioè la somministrazione di farmaci chemioterapici effettuata prima dell’intervento chirurgico, al fine di diminuire le dimensioni e l’aggressività del tumore.

Radioterapia La radioterapia prevede l’utilizzo di dosi controllate di radiazioni ad alta energia, allo scopo di distruggere le cellule tumorali. Viene frequentemente impiegata dopo la chirurgia e dopo la chemioterapia, per eliminare eventuali focolai di cellule tumorali. Le modalit’ più diffuse per il trattamento del tumore alla mammella sono:

Radioterapia a fasci esterni ( o transcutanea): si irradia la zona interessata dall’esterno, tramite un acceleratore lineare; la seduta dura pochi minuti e va ripetuta per cinque giorni la settimana, fino a cinque-sei settimane di seguito.

Brachiterapia (radioterapia interstiziale): si effettua introducendo la sorgente radioattiva direttamente nel tessuto tumorale o nelle sue vicinanze.

Radioterapia intraoperatoria (o IORT): una dose elevata di radiazioni è somministrata durante l’intervento chirurgico.

Terapia ormonale La terapia ormonale consiste nella somministrazione di farmaci in grado bloccare l’attività degli estrogeni, ritenuti responsabili dell’insorgenza e dello sviluppo di una buona parte dei tumori della mammella. Esistono diverse categorie di farmaci che svolgono questa funzione: antiestrogeni, inibitori dell’aromatasi, analoghi dell’LH-RH; la scelta del farmaco viene effettuata dallo specialista sulla base delle caratteristiche del tumore e della paziente.

Farmaci biologici Questo gruppo di farmaci comprende molecole che, pur somigliando a sostanze presenti nell’organismo (da cui il termine biologici), sono sintetizzate in laboratorio e agiscono in modo selettivo sulle cellule tumorali, risparmiando le cellule sane. I farmaci biologici più utilizzati sono gli anticorpi monoclonali e gli inibitori della crescita tumorale. L’utilizzo di questi farmaci prevede lo studio della tipizzazione molecolare della neoplasia, poiché essi sfruttano la presenza o la sovra-espressione di alcuni possibili recettori, presenti sulle cellule tumorali.

E’ possibile prevenire il tumore al seno, diminuendo i fattori di rischio ed effettuando controlli periodici, nonché aderendo allo screening proposto dal Servizio sanitario.

-Mantenere il peso forma e fare esercizio fisico, in particolare in epoca post-menopausale, contribuisce a ridurre il proprio rischio di ammalarsi.

-Adottare una dieta particolarmente ricca di fitoestrogeni contenuti in particolare nella soia, nei semi di lino, nelle alghe, nei frutti di bosco e nei cereali integrali. Inoltre la dieta dovrebbe essere povera di grassi e privilegiare il pesce rispetto alla carne. Limitare l’assunzione di latticini, in particolare quelli grassi, e l’utilizzo di zuccheri raffinati; aumentare l’apporto di fibre, privilegiando alimenti integrali e legumi. Assumere molte crucifere, come rape, cavolfiore, broccoli, cavolo, cavolini di Bruxelles, rucola, le quali svolgono un ruolo positivo nei confronti del metabolismo ormonale.

-Allattare i figli; l’allattamento materno sembra avere un ruolo protettivo nei confronti dell’insorgenza del tumore mammario.

-Autopalpazione mensile, per donne sopra i 20 anni.

-Visita al seno effettuata dal ginecologo o da un medico esperto.

-Mammografia; l’esame attualmente più efficace per la diagnosi precoce ed è utilizzato come screening di prevenzione per il tumore mammario. La periodicità dell’esecuzione dell’esame può variare in considerazione dell’anamnesi famigliare e personale di ogni paziente; l’Osservatorio nazionale screening, dipendente dal Ministero, suggerisce una mammografia ogni 2 anni, dai 50 ai 69 anni di età.

-Ecografia; l’esecuzione dell’esame verrà suggerita dal medico: è un esame particolarmente indicato nel caso il seno sia giovane.

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