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Malattia di Parkinson

La malattia di Parkinson, è una patologia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, contraddistinta da una evoluzione lenta e progressiva e correlata, principalmente, dalla degenerazione di cellule nervose situate in una zona profonda del cervello, che producono dopamina (un neurotrasmettitore) responsabile dell’attivazione di circuiti che controllano i movimenti e l’equilibrio. E’ considerata un ‘Disordine del Movimento’ in quanto è caratterizzata dalla comparsa di sintomi motori come bradicinesia, rigidità e tremore, associati ad instabilità posturale. I primi sintomi della malattia si evidenziano quando il 60%-80% di queste cellule che producono dopamina sono danneggiate.

La malattia di Parkinson è caratterizzata dalla degenerazione dei neuroni della substantia nigra i cui assoni si connettono al nucleo striato. I neuroni della subtantia nigra producono la dopamina, che agisce sul nucleo striato fungendo da messaggero chimico per il controllo della postura, del movimento e della marcia: è la cosidetta via ‘nigro-striatale’ facente parte del Sistema Extrapiramidale; infatti il mancato rilascio di dopamina nello striato porta ad una serie di gravi alterazioni nel funzionamento dei gangli basali, del talamo e della corteccia cerebrale, dai quali prende origine una serie di disturbi motori e non, tra cui tremore, rigidità, bradicinesia, deterioramento dell’equilibrio e dell’andatura. Caratteristica distintiva neuropatologica (riscontrabile all’esame istologico) è rappresentata dall’accumulo, in particolare nella substantia nigra, di inclusioni eosinofile filamentose intracitoplasmatiche, denominate corpi di Lewy. Queste inclusioni sono formate principalmente da aggregati di alfa-sinucleina, una proteina in forma insolubile. Questi aggregati sono stati anche riscontrati nella corteccia e nel sistema nervoso enterico.

La malattia di Parkinson rappresenta la seconda più comune patologia neurodegenerativa dopo la demenza di Alzheimer; la prevalenza della malattia di Parkinson è molto variabile nel mondo, con stime che vanno da 15/100.000 abitanti in Cina, a 150-200/100.000 abitanti in Europa e Nord America. In Italia colpisce circa 230.000 persone, delle quali circa il 5% con un’età inferiore ai 50 anni, mentre il 70% ha un’età superiore ai 65 anni. L’età media di comparsa dei sintomi è intorno ai 60 anni. La malattia risulta leggermente più frequente nei maschi con una incidenza superiore di 1,5-2 rispetto alle femmine. La prevalenza della malattia è dell’1-2% della popolazione sopra i 60 anni e del 3-5% della popolazione sopra gli 85 anni. Si stima che, a causa del crescente invecchiamento della popolazione generale, la prevalenza raddoppierà nel corso dei prossimi anni (entro il 2030).

Le cause della malattia di Parkinson sono attualmente sconosciute, ma numerosi studi evidenziano un’origine della malattia multifattoriale, coinvolgendo fattori genetici e fattori ambientali. Sono state identificate alcune mutazioni genetiche, associate alla malattia di Parkinson, le quali giustificano come i famigliari dei pazienti affetti presentino, rispetto alla popolazione generale, un rischio superiore, in particolare nei casi ad esordio con età inferiore ai 50 anni. Sono stati individuati cinque geni per i loci genetici possibilmente causali, denominati PARK: alfa-sinucleina (PARK1/PARK4); parkina (PARK2); DJ1 (PARK7); PINK1(PARK6); LRRK2-dardarina (PARK8) e la glucocerebrosidasi GBA. Tra i fattori ambientali sono stati individuati fattori tossici, derivanti in particolare dall’esposizione lavorativa o dalla presenza di industrie chimiche sul territorio. L’attività agricola sembra aumentare il rischio di malattia di Parkinson per l’utilizzo di pesticidi (paraquat e acido 2,4 diclorofenossiacetico), insetticidi (organoclorati) ed erbicidi (nitrili); si ritiene che l’esposizione a queste sostanze sia importante nei primi decenni di vita, causando un impoverimento dei neuroni dopaminergici che si manifesterebbe clinicamente solo più tardi, con il depauperamento dei neuroni legato all’età. Il rischio di sviluppare la malattia aumenta anche nei soggetti che utilizzano idrocarburi-solventi: trielina (verniciatori) o metalli pesanti: ferro zinco, rame (saldatori). Il fumo sembra invece svolgere un ruolo protettivo, riducendo la comparsa della malattia di Parkinson. Anche la caffeina, con un consumo di più di 5 tazze di caffè al giorno, sembra avere un effetto protettivo nei confronti dello sviluppo della malattia.

La malattia di Parkinson è caratterizzata da alcune manifestazioni principali (segni motori): tremore, rigidità e lentezza dei movimenti (bradicinesia/acinesia) disturbi di equilibrio (instabilità posturale), ai quali si associano manifestazioni secondarie, non motorie (disturbi neuropsicologici, disturbi autonomici, disturbi sensitivi, disturbi del sonno). Negli ultimi anni si è data maggiore rilevanza ai sintomi non motori, i quali sono rilevabili non solo nella progressione della malattia, ma anche talvolta come sintomi che precedono le manifestazioni motorie.

Tremore a riposo: si presenta come un’oscillazione lenta (cinque-sei volte al secondo) che generalmente esordisce da un solo lato, coinvolgendo prevalentemente le dita della mano, con pollice e indice in opposizione nel gesto che ricorda il “contar monete” . Il tremore a riposo, generalmente monolaterale, diventa dopo un tempo variabile bilaterale, coinvolgendo il lato opposto; può interessare anche i piedi, le labbra e la mandibola. Il tremore, presente a riposo, diminuisce o scompare quando si esegue un movimento finalizzato. Un altro tipo di tremore è il “tremore interno” riferito dai malati di Parkinson: viene descritto come una sensazione soggettiva del paziente ma non visibile all’esterno.

Rigidità: è causata da un aumento del tono dei muscoli; può manifestarsi agli arti, al collo ed al tronco. Spesso all’esordio la rigidità è asimmetrica, da un solo lato del corpo. La rigidità viene percepita dal medico durante la visita come una aumentata resistenza alla mobilizzazione passiva delle articolazioni, nel loro movimento di escursione; talvolta è possibile percepire degli scatti ripetuti ad intervalli regolari (fenomeno della ruota dentata o troclea).

Lentezza dei movimenti (bradicinesia ed acinesia): la bradicinesia si manifesta con un rallentamento nell’esecuzione dei movimenti e dei gesti; l’acinesia è la difficoltà ad iniziare movimenti spontanei. Si evidenzia una riduzione della destrezza manuale e della manualità fine con movimenti più impacciati. La bradicinesia, progredendo, interferisce sulla vita quotidiana, rendendo difficoltoso al soggetto eseguire compiti motori fini, come lavarsi, vestirsi, alzarsi da una sedia, oppure girarsi nel letto. Sintomi correlati alla bradicinesia sono: la modificazione della grafia, che diventa più piccola (micrografia), la ridotta espressività del volto dovuta ad una riduzione della mimica spontanea (ipomimia).

Disturbo dell’equilibrio: mantenere l’equilibrio può risultare difficoltoso per i pazienti affetti da Parkinson; ciò è dovuto ad alterazioni dei riflessi posturali di equilibrio, per le quali il paziente non è più in grado di correggere spontaneamente eventuali squilibri. L’instabilità posturale che ne deriva si evidenzia particolarmente durante il cammino, o quando cambia direzione, e porta ad un aumento delle cadute. Solitamente l’instabilità posturale si manifesta nelle fasi più avanzate della malattia. Durante la visita è valutabile tramite il pull-test o test retropulsione (valuta la capacità del paziente di recuperare l’equilibrio dopo un’improvvisa spinta destabilizzante sulle spalle in direzione posteriore da parte dell’operatore)

Postura: la postura dei malati di Parkinson è caratterizzata da una flessione del tronco, con un atteggiamento definito camptocormico cioè con capo flesso sul tronco, avambracci semiflessi, intrarotati e mantenuti vicino al tronco; anche le ginocchia sono flesse. Talvolta la flessione in avanti del tronco è combinata con la lateroflessione determinando un atteggiamento posturale noto come “sindrome di Pisa” in cui il tronco pende da un lato.

Disturbo della deambulazione: la camminata dei malati di Parkinson è spesso caratterizzata da un passo lento, ridotto in altezza e lunghezza, con una limitata rotazione del tronco e con riduzione delle sincinesie pendolari degli arti superiori durante la marcia. Possono presentarsi anche festinazione, cioè un’andatura simile ad una corsa: paziente tende a trascinare i piedi ed accelerare il passo come ad inseguire il baricentro spostato in avanti, presentando poi difficoltà ad arrestarsi. Un altro fenomeno è il cosidetto “freezing” (congelamento) cioè un blocco motorio improvviso della marcia; è un fenomeno che si osserva generalmente all’inizio della marcia (“start hesitation”) o nel cambio di direzione del cammino.

Disturbi neuropsicologici

Bradifrenia: i pazienti affetti da malattia di Parkinson possono presentare una difficoltà di concentrazione, incapacità e/o rallentamento a cogliere ed elaborare concetti e creare nessi logici, con rallentamento generalizzato dei processi di pensiero, senza necessariamente presentare deficit nell’accuratezza degli stessi.

Depressione: è molto frequente nella malattia di Parkinson, in tutte le fasi di essa; spesso si manifesta prima dell’esordio dei disturbi motori.

Ansia: molto spesso riferita dai pazienti come un senso di apprensione, preoccupazione o paura.

Demenza: si evidenzia soprattutto nello stadio avanzato della malattia e negli anziani.

Disturbi autonomici

Scialorrea (perdita di saliva): dipende dalla incapacità del paziente a deglutire, con conseguente accumulo e fuoriuscita di saliva dalla bocca;

Disfagia (difficoltà ad ingoiare): questo sintomo, più frequente nella fase tardiva della malattia, si manifesta come la difficoltà, se non addirittura l’impossibilità, di ingerire sia cibi solidi che liquidi.

Stipsi: dovuta ad un rallentamento della funzionalità gastro-intestinale, può essere presente in tutte le fasi della malattia.

Ipotensione ortostatica: si tratta di un repentino calo della pressione sanguigna quando un paziente passa dalla una posizione distesa alla posizione eretta; si manifesta con vertigini e, in alcuni casi, perdita di equilibrio o svenimento. Colpisce il 10% dei pazienti affetti da malattia di Parkinson, solitamente nelle fasi avanzate della malattia.

Urgenza minzionale e Pollachiuria: i disturbi urinari sono causati sia da uno svuotamento incompleto della vescica, sia perché lo stimolo a urinare viene avvertito dal paziente anche quando la vescica non è ancora piena.

Disfunzioni sessuali: negli uomini può presentarsi difficoltà a raggiungere o mantenere l’erezione. Si segnalano anche modificazioni della libido (sia con un aumento che con una diminuzione).

Disturbi sensitivi

Dolori, crampi muscolari, parestesie: rappresentano sintomi frequenti della malattia di Parkinson, specie all’esordio; caratteristica è “Frozen shoulder’ (spalla congelata) con rigidità da un lato e intenso dolore della spalla. È frequente anche il dolore delle gambe.

Sindrome delle gambe senza riposo (restless legs sindrome, RLS): è un disturbo che compare in particolare la sera e durante le ore notturne, e viene riferito dal paziente come un fastidio alle gambe, che porta il paziente a muoverle in continuazione.

Disturbi del sonno sono molto frequenti nei pazienti affetti da malattia di Parkinson (coinvolgendo fino al 70% dei pazienti).

Insonnia, sonno notturno frammentato: difficoltà all’addormentamento, risvegli precoci e frequenti, dovuti spesso alla difficoltà di cambiare la posizione nel letto.

Eccessiva sonnolenza diurna: è un sintomo che riduce sensibilmente la qualità della vita del paziente, compromettendo lo svolgimento delle attività; spesso risulta indipendente dall’insonnia notturna.

Alterazioni comportamentali durante il sonno REM (REM sleep Behaviour Disorder – RBD): solitamente durante la fase REM i muscoli sono rilassati; i pazienti affetti da malattia di Parkinson, invece, durante la fase REM possono presentare manifestazioni motorie, come gesti con le braccia o vocalizzazioni.

Altri

Disartria(disturbo motorio del linguaggio): consiste in una riduzione del volume della voce, della fonazione e dell’articolazione della parola; all’inizio della frase la voce è più forte, per poi progressivamente diminuire di volume, presentare sovrapposizione di sillabe o parole, omissione della fine della parola.

Alterazioni olfattive: si manifesta con una riduzione o con la perdita dell’olfatto (iposmia).

Seborrea: associata ad iperidrosi soprattutto al volto.

Calo ponderale: dovuto in primo luogo alla disfagia, ma anche all’energia consumata nei movimenti involontari, nonché, probabilmente, al coinvolgimento della malattia di aree cerebrali che controllano l’appetito e il peso (ipotalamo).

Stadio I: interessamento unilaterale con deficit funzionale minimo o assente.

Stadio II: interessamento bilaterale o assiale senza disturbo dell’equilibrio.

Stadio III: primi segni di instabilità posturale, nei cambi di posizione o al pull-test, associati a deficit funzionale che rende ancora possibile l’esecuzione di alcuni lavori. Il paziente è comunque in grado di svolgere una vita indipendente e l’invalidità è lieve-moderata.

Stadio IV: Malattia allo stadio avanzato, severamente invalidante; il paziente è ancora in grado di camminare ed assumere la posizione eretta, ma con grande difficoltà e quasi sempre con necessità di un aiuto.

Stadio V: Malattia allo stadio avanzato, completamente invalidante: il paziente è costretto su una sedia a rotelle o a letto.

I pazienti con sospetta malattia di Parkinson, prima di intraprendere una terapia farmacologica, dovrebbero essere visitati e diagnosticati da medici specialisti neurologi esperti in disordini del movimento, poiché la diagnosi è essenzialmente clinica e si basa sulla presenza della tipica sintomatologia (tremore, rigidità e bradicinesia, disturbi posturali) rilevabile durante una accurata visita neurologica.

Dopo aver raccolto l’anamnesi accurata dal paziente e dai famigliari, si procede alla raccolta dei segni clinici riscontrati, utilizzando delle scale di valutazione internazionale. Una delle scale più utilizzate è l’UPDRS (Unified Parkinson’s Disease Rating Scale).

L’ UPDRS, presentato nel 1987, è un sistema utilizzato per la valutazione dei sintomi di Parkinson.  È utilizzato dai medici per monitorare la progressione dei sintomi, e nella ricerca. Questa scala di valutazione è suddivisa in quattro parti, le quali indagano: -Capacità cognitive, comportamento ed umore -Attività della vita quotidiana -Attività motoria -Complicanze motorie della terapia. Viene assegnato un punteggio mediante il quale è possibile confrontare i risultati del paziente nel del tempo, seguire l’evolversi della malattia, monitorare l’efficacia di un farmaco somministrato. Maggiore è il punteggio, più alta è l’indipendenza del paziente, il quale presenta completa inabilità quando il punteggio è uguale a 0.

Le indagini di laboratorio non sono significativamente utili nella diagnosi di malattia di Parkinson. Lo specialista neurologo potrà eventualmente prescrivere una serie di esami strumentali (RMN encefalo, metodiche di neuroimaging funzionale quali PET, SPECT, fMRI; scintigrafia miocardica con 123I-MIBG) per completare il suo iter diagnostico e differenziare la malattia di Parkinson distinguendola da altre patologie del sistema extrapiramidale. L’inizio della sintomatologia unilaterale, il decorso progressivo ma lento, la presenza del classico tremore a riposo e la risposta positiva al trattamento con Levodopa rappresentano, comunque, segni significativi per la diagnosi di malattia di Parkinson.

Terapia farmacologica

La terapia utilizzata nel trattamento della malattia di Parkinson utilizza farmaci sintomatici; la prescrizione medica sarà il più possibile personalizzata in base all’età del paziente, alle caratteristiche cliniche e di comorbilità e alla richiesta funzionale. Le categorie di farmaci antiparkinsoniani sono: – doparinergici; – dopaminoagonisti; – inibitori MAO-B; – anticolinergici.

Terapia chirurgica

La terapia chirurgica si avvale di interventi chirurgici, di tipo stereotassico, su alcune parti dei nuclei della base (il globo pallido, il nucleo subtalamico e il talamo). A seconda dell’area interessata l’intervento può indurre una riduzione delle discinesie (pallidotomia – lesione di una parte del globo pallido) o riduzione del tremore ( stimolazione ad alta frequenza del talamo o del nucleo subtalamico). Gli interventi più frequentemente effettuati sono la pallidotomia unilaterale e la stimolazione, tramite un elettrodo inserito nel cervello con un pacemaker, del nucleo subtalamico bilaterale.

Altri trattamenti

Può risultare utile nel trattamento del paziente affetto da malattia di Parkinson l’utilizzo della fisioterapia, della terapia occupazionale e della terapia del linguaggio. Fisioterapia: ha lo scopo di migliorare, attraverso esercizi fisici, la qualità di vita del paziente, cercando di preservarne l’indipendenza. Terapia occupazionale: ha come obiettivo quello di cercare di risolvere problemi pratici che si possono incontrare nella vita quotidiana; il terapista occupazionale istruirà il caregiver, cercherà strategie per il freezing o suggerirà ausili per agevolare le attività della vita quotidiana. Terapia del linguaggio: si propone come obiettivo quello di migliorare le abilità motorie della bocca, la deglutizione, il linguaggio, sino all’uso di mezzi di comunicazione alternativi (computer).

La Società Italiana di Neurologia (SIN) ha sottolineato l’importanza della prevenzione nel caso di malattie neuro-degenerative, attuabile attraverso un corretto nutrimento del cervello, ossia con una corretta alimentazione, affiancata da adeguata attività fisica; stimoli ambientali di tipo cognitivo, sociale ed affettivo, contribuiscono a mantenere il cervello attivo contrastando, nel caso delle neuro-degenerazioni, la perdita progressiva dei neuroni. L’alimentazione più adatta nei pazienti affetti da malattia di Parkinson dovrebbe prevedere una dieta a basso contenuto di proteine, povera di grassi e ricca di carboidrati, minerali e vitamine. Da una ricerca, effettuata dalle Università di Washington e Seattle, sembra che il consumo di solanacee (soprattutto peperoni, ma anche pomodori, patate e melanzane) possa avere un ruolo protettivo nei confronti dell’insorgenza della malattia.

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