Il farmaco equivalente può contenere più o meno principio attivo rispetto al branded, purché la differenza non superi il 10/20%.

FALSO. Per legge il principio attivo contenuto nel farmaco generico deve essere quantitativamente e qualitativamente uguale a quello presente nel farmaco di marca.

I medici prescrivono il farmaco di marca perché sanno che l’equivalente non ha la stessa efficacia.

FALSO. I medici possono prescrivere un marchio specifico solo in casi particolari, come l’allergia a determinati eccipienti contenuti in un farmaco.

La biodisponibilità nel generico può essere superiore o inferiore fino al 20% rispetto al farmaco commerciale.

FALSO. La biodisponibilità, ossia la disponibilità del principio attivo nel sangue dopo il suo assorbimento, è un parametro legato non solo al farmaco ma anche alla risposta dell’individuo. Ad esempio, persone con un peso corporeo e uno stile di vita diversi possono rispondere in modo differente allo stesso farmaco, registrando quindi diversi valori di biodisponibilità del principio attivo.
La bioequivalenza di un farmaco generico rispetto al prodotto originatore viene scientificamente dimostrata mediante il confronto delle concentrazioni raggiunte dal farmaco nel sangue. Affinché il farmaco equivalente ottenga l’autorizzazione all’immissione in commercio, i parametri tecnici prevedono che i limiti di confidenza al 90% delle concentrazioni ricadano nell’intervallo 80-125% rispetto al prodotto originatore.
Anche se questo potrebbe far ipotizzare potenziali e significative differenze nei livelli plasmatici, nella pratica clinica questo scenario non si verifica. La necessità di mantenere i limiti di confidenza entro parametri di accettabilità, infatti, fa sì che le concentrazioni plasmatiche dopo la somministrazione di ciascun generico differiscano mediamente solo del 5-7% rispetto al prodotto originatore. Queste variabilità risultano modeste se comparate alle differenze individuali e alle variazioni di concentrazioni plasmatiche osservabili nello stesso soggetto sotto l’influenza di fattori fisiologici, patologici e ambientali nel tempo.

Il risparmio ottenuto acquistando il generico è minimo, non vale la pena.

FALSO. Il risparmio derivato dalla scelta del generico può arrivare anche al 70%. La differenza di prezzo per i farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario può essere verificata sul sito dell’AIFA anche sui farmaci non rimborsati.

Cosa si intende con farmaco generico?

Il farmaco equivalente è un medicinale che contiene la stessa quantità di principio attivo e presenta la stessa biodisponibilità rispetto a un farmaco di marca con brevetto scaduto.

Cos’è la biodisponibilità di un farmaco?

La biodisponibilità misura la quantità di farmaco che viene assorbita e resa disponibile nell’organismo per svolgere l’attività terapeutica. Ad esempio, un medicinale somministrato per via endovenosa avrà una biodisponibilità del 100%: entrando in modo diretto in circolo, infatti, è immediatamente disponibile per organi e tessuti. I farmaci somministrati per altre vie, come quella orale, presentano valori di biodisponibilità inferiori a causa del parziale assorbimento.

Cosa significa bioequivalenza?

Secondo la legislazione di tutto il mondo due prodotti medicinali si dicono bioequivalenti se la loro biodisponibilità, cioè la quantità e la velocità con cui il principio attivo è rilasciato e reso disponibile in circolo, sono equivalenti. La dose somministrata, va sottolineato, dev’essere la stessa.

Cosa dice la legge riguardo l’immissione sul mercato del farmaco generico?

Secondo la legge per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco un farmaco generico deve avere identica composizione qualitativa e contenere la stessa quantità di principio attivo del farmaco branded. Ad esempio, se un farmaco “griffato” contiene 100 mg di principio attivo, anche l’equivalente deve presentare la stessa quantità.

Prescrizioni mediche del farmaco equivalente, cosa c’è da sapere?

La legge prevede che le ricette per i prodotti rimborsati non rechino più soltanto il nome commerciale del farmaco, ma debbano indicare anche o soltanto il principio attivo, ossia la sostanza farmacologica che possiede le proprietà terapeutiche. I medici possono comunque specificare nella ricetta l’impossibilità di sostituire un determinato farmaco se l’alternativa contiene un eccipiente a cui il paziente risulti allergico.

In particolare, quando un medico si occupa per la prima volta di un paziente affetto da una patologia cronica o da un nuovo episodio di patologia non cronica – e per il cui trattamento siano disponibili diversi medicinali equivalenti – è tenuto a indicare nella ricetta del Servizio Sanitario Nazionale la denominazione del principio attivo o quella di un medicinale specifico a base dello stesso accompagnata alla denominazione del principio attivo. L’indicazione di un medicinale specifico è vincolante per il farmacista se nella ricetta è inserita una sintetica motivazione che giustifichi la clausola di non sostituibilità. Dunque, se non esistono farmaci equivalenti o se il paziente sta proseguendo una terapia cronica già avviata, viene meno l’obbligo di indicare il principio attivo.

Per saperne di più sul farmaco generico:

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Fonti: